Il deposito temporaneo dei rifiuti
Il deposito temporaneo dei rifiuti è definito dall’art. 185 bis del d.lgs. 152/2006 (da ora in poi Testo Unico Ambientale o TUA) e riguarda il raggruppamento dei rifiuti nel luogo in cui si svolge l’attività che li produce, prima del loro trasporto in un impianto finale per sottoporli alle operazioni di smaltimento o recupero. Il legislatore, all’articolo di cui sopra, non solo ne dà la definizione ma individua anche quali siano le modalità di gestione.
Il deposito temporaneo accoglie solo i rifiuti generati dall’attività del produttore iniziale e deve essere collocato in un’area appositamente selezionata all’interno dei locali in cui si svolge il processo produttivo che da luogo ai rifiuti stessi. È importante tenere a mente che, la nozione “luogo di produzione dei rifiuti”, non può essere interpretata in modo eccessivamente ampio, questo porterebbe ad una dilatazione non consentita del concetto di deposito temporaneo, la quale potrebbe essere interpretata dalla giurisprudenza come un abuso del regime derogatorio connesso al concetto di deposito. Il deposito temporaneo vien definito come mono soggettivo, in quanto, non è possibile, per due diverse imprese operanti nello stesso sito, la creazione di un deposito temporaneo cumulativo.
Il limite temporale ed il limite volumetrico da non superare affinché il deposito temporaneo non si configuri come deposito incontrollato o stoccaggio sono alternativi, nel senso in cui il produttore iniziale ha due possibilità:
- Raggruppare in deposito temporaneo all’interno del proprio luogo di produzione un quantitativo illimitato di rifiuti pericolosi provvedendo alla raccolta e all’avvio delle operazioni di recupero o smaltimento entro il termine massimo di tre mesi;
- raggruppare in deposito temporaneo all’interno del proprio luogo di produzione un quantitativo massimo di 30 metri cubi di rifiuti di cui, al massimo, 10 metri cubi di rifiuti pericolosi, avviandoli alle operazioni di recupero o smaltimento al raggiungimento del limite massimo anche se ciò avviene dopo più di tre mesi.
Tuttavia, in ambedue i casi, il termine di giacenza non può mai superare un anno.
All’interno del deposito temporaneo i rifiuti devono essere raggruppati per categorie omogenee e non possono esse miscelati, mischiati o accantonati in uno stesso contenitore. Per i rifiuti che contengono inquinanti organici persistenti si fa rifermento al regolamento CE 850/2004 che prevede il rispetto di specifiche norme tecniche che regolano l’imballaggio e l’etichettatura dei rifiuti contenenti sostanze pericolose. Gli imballi e i contenitori dei rifiuti in deposito possono essere di vario tipo, a titolo di esempio si possono citare: i contenitori IBC, i contenitori dei rifiuti sanitari, i big bags, i fusti omologati ONU. In modo da rendere nota la natura e la pericolosità dei rifiuti, i contenitori fissi e mobili devono essere appositamente contrassegnati da etichette che riportino le caratteristiche di pericolo (HP) e il codice EER dei rifiuti. Per i rifiuti liquidi è necessario adottare dei bacini di contenimento in caso di eventuali sversamenti.
Nel caso eventuale in cui il deposito sia realizzato in un’area esterna è necessario proteggere i rifiuti con tettoie idonee al fine di evitare l’esposizione dei contenitori ad agenti atmosferici come contatto diretto con raggi solari o acque piovane.
Il legislatore ha previsto che, per gestire il deposito temporaneo, non sia necessario il rilascio di alcuna autorizzazione. È ormai pacifico pensare che sia così per ovviare alla vasta mole di autorizzazioni che dovrebbero rilasciare gli enti per poter autorizzare tutti i produttori iniziali. È fatto comunque obbligo dimostrare la liceità del deposito stesso da parte del produttore.
Durante tutto il processo di gestione del deposito temporaneo è necessario fare molta attenzione a non rientrare nella fattispecie di trattamento di rifiuti non autorizzato; tutte le operazioni di separazione devono avvenire prima della qualifica di rifiuto dei materiali di cui si intende disfarsi. È quindi opportuno evitare di compiere operazioni su rifiuti al fine di evitare illeciti di natura ambientale. A titolo di esempio: lo smontaggio di un macchinario già considerato rifiuto al momento di tale operazione può rientrare nella fattispecie di trattamento di rifiuti non autorizzato.
CONCLUSIONI
Qualora si presenti l’inosservanza delle prescrizioni previste dall’art. 185 bis del TUA si viene a costituire un cosiddetto deposito temporaneo incontrollato di rifiuti che comporta l’applicabilità delle sanzioni previste dall’art. 256 del TUA secondo cui:
“Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione […] è punito:
a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi”.
Al secondo comma del medesimo articolo si specifica inoltre che “Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti […]”.
Commenti
Buondì, quando scrivete che "deposito temporaneo vien definito come mono soggettivo, in quanto, non è possibile, per due diverse imprese operanti nello stesso sito, la creazione di un deposito temporaneo cumulativo", posso sapere qual è la fonte giuridica? Non riesco a rinvenirlo nella norma.
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